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ll Tribunale Amministrativo Regionale  per la Puglia - Lecce - Sezione Prima, 23 febbraio 2006, n. 1187

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo italiano

 Composto dai Signori Magistrati:
Aldo Ravalli Presidente
Enrico d’Arpe Componente
Ettore Manca Componente - relatore
ha pronunziato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso n°647/05 presentato dalla:
- Azienda Faunistica Venatoria Diana, in persona del suo concessionario, rappresentata e difesa dall’Avv. Gianluigi Pellegrino ed elettivamente domiciliata in Lecce, presso lo studio del difensore, alla via Augusto Imperatore 16;
contro
- la Regione Puglia, in persona del Presidente p.t., non costituita;
- il Comune di Gallipoli, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. Pietro Quinto ed elettivamente domiciliato in lecce, presso lo studio del difensore, alla via Garibaldi 43;
- la Provincia di Lecce, in persona del Presidente p.t., non costituita;
per l’annullamento
- della deliberazione del C.C. di Gallipoli n. 46 del 13.8.03, con cui l’A.C. esprimeva parere favorevole sullo schema di documento di indirizzo predisposto dalla Regione Puglia unitamente alla proposta di perimetrazione dell’area del Parco Naturale Isola di Sant’Andrea – Litorale Punta Pizzo;
- del verbale in data 27.1.05 della conferenza di servizi tenuta ai sensi del comma 5 dell’art. 6 della l.r. 24.7.97 per l’istituzione dell’area naturale protetta “Isola di Sant’Andrea e litorale Punta Pizzo” e, ove occorra, della relativa convocazione;
- se ed ove esistente, della necessariamente presupposta deliberazione di estremi sconosciuti, mai pubblicata e mai comunicata alla ricorrente, con cui la G.R.P. assumeva la determinazione adottiva di cui al comma 3 dello stesso art. 6 l.r. 9/97 relativamente alla realizzando area naturale protetta, individuando un perimetro tra l’altro comprensivo della proprietà della ricorrente, con la connesse applicazione di misure di salvaguardia;
- degli atti prodotti in giudizio, costituendosi, dal Comune di Gallipoli, ed in specie della nota prot. n. 10131 del 7.10.04, con cui il Dirigente dell’Ufficio Regionale Parchi comunicava l’avvenuta adozione del suddetto d.d.l., dello stesso d.d.l. e della relativa nota di trasmissione;
- di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale.
Visto il ricorso con i relativi allegati.
Visto l’atto di costituzione del Comune di Gallipoli.
Visti gli atti della causa.
Designato alla pubblica udienza del 21 dicembre 2005 il relatore Dr. Ettore Manca ed uditi gli Avv.ti Gianluigi Pellegrino e Antonio Quinto.
Osservato quanto segue:
Fatto
1.- Nel ricorso si espone che:
1.2 l’Avv. Bartolo Ravenna, concessionario dell’azienda faunistico venatoria “Diana”, apprendeva casualmente, durante il mese di febbraio u.s., che la Regione Puglia aveva avviato -ai sensi della l.r. 24 luglio 1997, n. 19- un procedimento volto all’istituzione, nel territorio del Comune di Gallipoli, di un’area naturale protetta ricomprendente notevoli estensioni del territorio oggetto della predetta concessione: l’art. 5 della l.r citata, difatti, individua la zona dell’Isola di Sant’Andrea e del litorale di Punta Pizzo come avente un preminente interesse naturalistico, ambientale e paesaggistico (<<Ai fini della loro tutela e valorizzazione, sono individuate le seguenti aree aventi preminente interesse naturalistico, nonchè ambientale e paesaggistico:
… C3 - Isola di Sant’Andrea - Litorale di Punta Pizzo>>).
1.5 Nella prospettiva di una concreta perimetrazione dell’area, peraltro, la Regione, aveva incaricato la Provincia di Lecce di predisporre uno studio naturalistico che, in effetti, veniva effettuato dall’ente locale e ricomprendeva una superficie di circa 2.500 ettari.
1.6 Tale dimensionamento, tuttavia, veniva ritenuto eccessivo dalla Regione che, pertanto, lo riduceva a 800 ettari.
1.7 Sulla proposta formulata dalla Regione, poi, il Comune di Gallipoli esprimeva, con delibera di C.C. n. 46/03, il parere di competenza, apparentemente favorevole, ma, in realtà, corredato di una planimetria che stravolgeva la perimetrazione regionale e che, in specie, escludeva ampie estensioni territoriali dal parco, spezzava in due la continuità territoriale dello stesso e, per quel che qui interessa, stralciava dalla perimetrazione originaria alcuni territori ricompresi nel lato nord dell’azienda inserendovi, invece, vaste aree del suo lato sud.
1.8 Il 5 ottobre 2004, quindi, la giunta Regionale adottava lo schema di disegno di legge ex art. 6, comma 3, l.r. citata (<<Entro trenta giorni dalla data di chiusura dei lavori delle preconferenze, la Giunta regionale adotta, tenuto conto dei documenti di indirizzo redatti ai sensi del comma 2, lo schema di disegno di legge di istituzione delle aree naturali protette di cui all’art. 5>>).
1.9 In data 27 gennaio 2005, infine, si svolgeva la conferenza di servizi prevista dall’art. 6, comma 5, l.r. citata (<<… il Presidente della Giunta regionale convoca la conferenza dei servizi per le finalità di cui all’art. 22 della legge 6 dicembre 1991, n. 394 e ai sensi dell’art. 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142 e dell’art. 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241>>): essa si concludeva con la conferma delle “decisioni assunte in sede di pre-conferenza”, e, dunque, di una perimetrazione dell’area del parco che, discostandosi da quella elaborata dalla Provincia -ed invece risultando dalla congiunta elaborazione Regione/Comune-, individuava un tracciato dei confini del parco irrazionale ed inidoneo al perseguimento delle previste finalità di protezione.
2.- Gli atti fin qui indicati, e tutti gli altri citati in epigrafe, venivano quindi impugnati per i seguenti motivi:
A) Violazione dell’art. 7 l. 241/90. Eccesso di potere.
B) Violazione del giusto procedimento. Eccesso di potere.
C) Violazione di legge. Eccesso di potere. Sviamento.
D) Eccesso di potere per irrazionalità e contraddittorietà dell’azione amministrativa.
E) Violazione dell’art. 6 l.r. 19/97. Eccesso di potere sotto ulteriori profili.
F) Illegittimità per incostituzionalità degli artt. 5 e 8 l.r. 19/97.
G) Violazione e falsa applicazione dell’art. 6 l.r. 13/94. Violazione dell’art. 22 l. 394/91. Illegittimità per incostituzionalità dell’art. 6 l.r. 19/97.
H) Violazione e falsa applicazione dell’art. 6 l.r. 13/94. Eccesso di potere per irrazionalità.
3.- Costituitosi in giudizio, il Comune di Gallipoli chiedeva al Tribunale di dichiarare l’inammissibilità del ricorso o comunque, nel merito, di rigettarlo, sulla base di argomentazioni che saranno esaminate congiuntamente ai motivi di gravame proposti.
4.- All’udienza del 21 dicembre 2005 la causa veniva introitata per la decisione.
Diritto
1.- Il ricorso è fondato e va accolto nei sensi e limiti che di seguito si indicheranno.
2.- Ciò premesso, il Tribunale ritiene di dover iniziare il proprio esame richiamando la sentenza della Corte Costituzionale n. 226 del 7 - 11 giugno 1999, la quale, pur in relazione alla normativa regionale lombarda -normativa tuttavia nella sostanza sovrapponibile, per ciò che in questa sede interessa, a quella pugliese-, contiene una serie di indicazioni di grande significato anche con riguardo al ricorso in oggetto.
2.2 Scriveva, in particolare, la Corte che: <<Il legislatore regionale della Lombardia … ha previsto un dettagliato speciale procedimento per la formazione, l’adozione, la verifica e l’approvazione del piano territoriale di coordinamento dei parchi regionali, suddiviso in due fasi autonome, aventi natura e finalità diverse.
La prima fase, esclusivamente amministrativa, con tutte le caratteristiche del “giusto procedimento”, è diretta, per espressa scelta legislativa, a realizzare la partecipazione ed il concorso dei soggetti pubblici e privati portatori dei molteplici interessi coinvolti, come apporto non solo meramente collaborativo, ma con funzione anche garantistica del ruolo dei Comuni -tipica in ogni forma di pianificazione territoriale, tanto più se sovracomunale-, cioè con il concorso attivo degli enti locali, nonché con la facoltà di intervento di altri soggetti privati interessati. …
In detta fase vengono posti in essere atti, adottati da organi amministrativi e nell’esercizio di attività amministrativa, con efficacia non limitata all’interno del procedimento di formazione e adozione del piano territoriale, ma suscettibili di ledere immediatamente, attraverso l’automatica cogenza della salvaguardia, le posizioni di tutti i soggetti interessati (pubblici e privati) ….
I vizi della delibera di adozione del piano del parco assunta dall’ente gestore e della delibera di modifiche da parte della Giunta regionale, nonché le eventuali violazioni dello specifico procedimento amministrativo di formazione, adozione, verifica e partecipazione, non sono sottratti all’ordinario sindacato giurisdizionale sulle scelte amministrative che incidano immediatamente su posizioni giuridiche soggettive.
Ovviamente, il sindacato del giudice amministrativo non può andare oltre la fase amministrativa, che si completa con la verifica del piano affidata alla Giunta regionale ….
La fase legislativa inizia con la presentazione da parte della stessa Giunta regionale del progetto di legge di approvazione del piano territoriale del parco, in quanto solo la presentazione del progetto di legge è l’atto che assume il valore di formale iniziativa legislativa di mera approvazione del piano.
Detta fase legislativa, al contrario della precedente, non può essere oggetto del sindacato diretto del giudice amministrativo, ed è soggetta al controllo di costituzionalità attraverso la verifica dell’esistenza dei vizi tipici delle leggi, compresi quelli procedimentali.
…
Deve, pertanto, restare fuori dall’ambito del sindacato giurisdizionale del giudice amministrativo l’atto di iniziativa legislativa della Giunta regionale, cui spetta la presentazione della proposta di legge regionale di approvazione del piano del parco: l’iniziativa legislativa si perfeziona con la presentazione al Consiglio regionale della proposta di legge regionale, rispetto alla quale la delibera di Giunta di approvazione e trasmissione del progetto di legge assume valore non autonomo, ma preparatorio e meramente strumentale rispetto alla presentazione anzidetta e, come tale, non è suscettibile di essere attratta nel sindacato giurisdizionale amministrativo.
La sentenza del giudice amministrativo di accoglimento con annullamento del piano adottato può invece produrre l’effetto di rimuovere totalmente o parzialmente -a seconda dell’ampiezza dell’annullamento, totale o parziale- il contenuto del piano territoriale adottato dall’ente gestore ed eventualmente modificato dalla Giunta regionale ancorché approvato con legge, la quale, in simili evenienze, finisce con il rimanere in tutto o in parte priva di oggetto.
La legge regionale … non vale né come conversione dell’atto contenente la sostanziale programmazione pianificatoria, né come forma di “validazione” legislativa, né come sanatoria del piano stesso, né fa assumere al complesso del piano anzidetto valore di legge. …>>.
3.- Le considerazioni appena richiamate assumono rilievo, anzitutto, quanto al tema preliminare dell’ammissibilità e della procedibilità del ricorso in esame: il Comune sostiene difatti che esso sarebbe proposto avverso atti meramente “interni al procedimento finalizzato all’approvazione della proposta definitiva di legge … che, come tali, non posseggono alcuna valenza provvedimentale”.
L’impugnazione, dunque, dovrebbe e potrebbe intervenire esclusivamente nei confronti di quello che l’art. 6, comma 6, l.r. 19/97 definisce come <<provvedimento definitivo>>.
3.2 Sul punto, il Collegio osserva che:
a) tale lettura della normativa in parola va nettamente disattesa in ragione di ciò che si è appena esposto: la delibera di Giunta di cui all’art. 6, comma 6, citato è difatti, utilizzando le stesse parola adoperate dalla Corte con riferimento all’omologa disciplina regionale lombarda, <<finalizzata esclusivamente alla presentazione del progetto di legge di approvazione e non ha valore autonomo né comporta ulteriori effetti, ma è semplicemente preparatoria e strumentale rispetto alla iniziativa legislativa anzidetta>>. Essa, dunque, va ritenuta già attratta all’interno della fase legislativa, la quale poi formalmente <<inizia con la presentazione da parte della Giunta regionale del progetto di legge di approvazione del piano territoriale del parco …>>.
Ricordato, dunque, che la conferenza di servizi prevista dall’art. 6, comma 5, l.r. citata si svolgeva in data 27 gennaio 2005, e che il relativo verbale, impugnato, costituiva l’ultimo atto dell’iter amministrativo sindacabile da parte di questo giudice, deve evidentemente rigettarsi l’eccezione che invece vorrebbe quale unico provvedimento censurabile la delibera di cui al successivo comma 6, per quanto sottolineato già estranea a detto sindacato in quanto “semplicemente preparatoria e strumentale rispetto alla iniziativa legislativa”.
b) il ricollegarsi, inoltre, alla delibera di adozione del disegno di legge ex art. 6, comma 3, delle misure di salvaguardia di cui al successivo art. 8, rendeva in ogni caso autonomamente impugnabile tale atto, e ciò a prescindere, per l’immediata lesività delle predette misure, dalla concreta destinazione urbanistica delle aree dalle medesime interessate e/o dalla presenza sulle stesse di eventuali ulteriori vincoli: l’operatività delle norme di salvagurdia, difatti, per la portata particolarmente stringente delle medesime, obiettivamente aggrava il regime giuridico dei territori sui quali le stesse incidono, ponendo limiti e preclusioni -ad esempio all’apertura di cave, all’attività venatoria ed all’attività edificatoria- di carattere assoluto. La stessa Corte, d’altronde, osservava che: <<In detta fase quella amministrativa, ndr vengono posti in essere atti, adottati da organi amministrativi e nell’esercizio di attività amministrativa, con efficacia non limitata all’interno del procedimento di formazione e adozione del piano territoriale, ma suscettibili di ledere immediatamente, attraverso l’automatica cogenza della salvaguardia, le posizioni di tutti i soggetti interessati (pubblici e privati)>>.
4.- Tanto esposto con riguardo all’eccezione preliminare di inammissibilità pur suggestivamente sollevata dalla difesa del Comune di Gallipoli, il Tribunale ritiene di dover subito esaminare il tema che, per ciò che di seguito si andrà a scrivere, risulta avere carattere assolutamente centrale per la decisione del ricorso: ci si riferisce, in specie, a quella problematica cui pure la Corte faceva riferimento laddove evidenziava che <<la prima fase dell’iter di formazione del piano, ndr, esclusivamente amministrativa, con tutte le caratteristiche del “giusto procedimento”, è diretta, per espressa scelta legislativa, a realizzare la partecipazione ed il concorso dei soggetti pubblici e privati portatori dei molteplici interessi coinvolti, come apporto non solo meramente collaborativo, ma con funzione anche garantistica del ruolo dei Comuni -tipica in ogni forma di pianificazione territoriale, tanto più se sovracomunale-, cioè con il concorso attivo degli enti locali, nonché con la facoltà di intervento di altri soggetti privati interessati>>.
4.2 A giudizio del Tribunale, dunque, pur se la legge regionale pugliese n. 19/97 non contempla espressamente, a differenza di ciò che fa l’omologa legge regionale lombarda 30 novembre 1983, n. 86, una fase destinata alla pubblicizzazione degli atti in esame, la necessità di rendere concretamente conoscibili gli atti medesimi e, quindi, di consentire, ai sensi degli artt. 9 – 10 l. 241/90, la più ampia partecipazione al relativo procedimento, va ritenuta comunque ineludibile sulla base dei principi generali vigenti in materia.
4.3 La stessa Corte Costituzionale, d’altronde, pronunciandosi relativamente alla predetta disciplina lombarda, ne confermava la legittimità -anche- sul presupposto che la stessa comunque garantiva, come richiesto dal suo carattere c.d. autoapplicativo -e dunque dalla sua idoneità a “disciplinare direttamente il regime giuridico di ambiti territoriali limitati, pregiudicando le aspettative dei titolari delle aree in essi ricompresi”-, il rispetto dei principi relativi al “giusto procedimento”, prevedendo che la proposta di piano venisse “pubblicata con le forme tipiche delle pianificazioni territoriali, al fine di consentire la presentazione di osservazioni da parte di chiunque vi abbia interesse”, e fosse poi “destinata ad essere trasmessa alla Giunta regionale insieme alle osservazioni presentate e alle controdeduzioni dell’ente proponente” (C. Cost. 11 giugno 1999, n. 225).
4.4 L’esigenza di aprire un contraddittorio con tutti quei soggetti che, dall’istituzione dell’area naturale protetta, subiscano una lesione, o comunque una modificazione nella propria sfera giuridico – patrimoniale, d’altronde, appunto in conformità a quanto avviene ordinariamente nei casi di regolamentazione urbanistica del territorio, va rinvenuta già nelle regole generali poste dalla legge sul procedimento amministrativo.
4.5 L’art 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, difatti, notoriamente prevede che “Ove non sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento, l’avvio del procedimento stesso è comunicato, con le modalità previste dall’art. 8, ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli che per legge debbono intervenirvi. Ove parimenti non sussistano le ragioni di impedimento predette, qualora da un provvedimento possa derivare un pregiudizio a soggetti individuati o facilmente individuabili, diversi dai suoi diretti destinatari, l'amministrazione è tenuta a fornire loro, con le stesse modalità, notizia dell’inizio del procedimento”.
Il successivo art. 8, a sua volta, dispone poi che “L’amministrazione provvede a dare notizia dell’avvio del procedimento mediante comunicazione personale.
…
Qualora per il numero dei destinatari la comunicazione personale non sia possibile o risulti particolarmente gravosa, l’amministrazione provvede a rendere noti gli elementi di cui al comma 2 mediante forme di pubblicità idonee di volta in volta stabilite dall’amministrazione medesima”.
Né l’indispensabile partecipazione al procedimento dei soggetti interessati può reputarsi non richiesta in ragione della previsione dell’art. 13, comma 1, legge 241 citata (<<Le disposizioni contenute nel presente capo non si applicano nei confronti dell’attività della pubblica amministrazione diretta alla emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione>>).
La preferibile giurisprudenza amministrativa ha difatti chiarito che tale norma rinviene la sua ratio nell’esigenza di evitare una duplicazione delle forme di partecipazione procedimentale, non avendo al contrario l’obiettivo di eliminarla radicalmente: in tale seconda ipotesi, difatti, si avrebbe l’effetto, evidentemente distorsivo del parametro costituzionale di buon andamento dell’Amministrazione, di impedire ogni acquisizione e valutazione dei vari interessi privati coinvolti dall’esercizio del pubblico potere di pianificazione (cfr., fra le molte, T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 13 settembre 2005, n. 13485; Consiglio Stato, sez. IV, 22 marzo 2005, n. 1236; T.A.R. Sicilia Catania, sez. II, 11 marzo 2004, n. 598; T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 16 dicembre 2003, n. 15367; T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 24 luglio 2003, n. 3648).
Nel caso in esame, dunque, difettando ogni specifica previsione in tal senso nella disciplina legislativa regionale, tale quindi da soddisfare comunque le delineate esigenze di contraddittorio e di confronto, non può che ritenersi il procedimento in parola assoggettato proprio alle regole generali poste della legge 241/90.
4.6 Per altro verso, d’altronde, quanto specificamente alla materia in esame, la “Legge quadro sulle aree protette” n. 394 del 6 dicembre 1991 dispone, all’art. 22, che <<Costituiscono princìpi fondamentali per la disciplina delle aree naturali protette regionali:
…
b) la pubblicità degli atti relativi all’istituzione dell’area protetta e alla definizione del piano per il parco di cui all’articolo 25>>.
La previsione, dunque, conferma e rafforza le conclusioni cui già si era pervenuti, rendendo peraltro la delineata interpretazione del sistema normativo in esame l’unica compatibile non soltanto con i principi generali sul procedimento amministrativo e sul buon andamento dell’Amministrazione ma, anche, con la previsione dell’art. 117 Cost., in quanto una diversa lettura porrebbe la normativa regionale in contrasto con i principi fondamentali stabiliti -con il citato art. 22- in tema di pubblicità degli atti in parola dal legislatore statale (cfr. Corte costituzionale, 14 luglio 2000, n. 282 -pur precedente alla riforma dell’ottobre 2001-, relativa al principio generale sulla partecipazione degli enti locali).
4.7 Tanto osservato, il Collegio rileva che invece, nel caso in esame, nessuna forma di pubblicità veniva data -fatta eccezione per la notifica agli enti territoriali interessati, ex art. 6, comma 4- alla delibera in data 5.10.04 con cui la Giunta Regionale adottava lo schema di disegno di legge di istituzione dell’area naturale protetta ed allo schema medesimo, in quanto gli atti appena citati non venivano neppure pubblicati sul Bollettino Ufficiale della Regione.
5.- Quanto alle conseguenze di tale, mancata pubblicità il Collegio rileva che la stessa, precludendo di fatto qualunque effettiva forma di partecipazione, comportava l’invalidità della determinazione assunta in sede di conferenza di servizi il 27 gennaio 2005, proprio perché la stessa illegittimamente interveniva senza che, aperto il contraddittorio sullo schema di disegno di legge, si fosse resa possibile la completa acquisizione di quegli apporti, osservazioni, proposte, ecc. formulabili dai soggetti pubblici e privati coinvolti nel procedimento.
5.2 Quanto alle forme di pubblicità necessarie il Tribunale, precisato che le stesse potranno essere autonomamente valutate dalla p.a. -nel rispetto del principio di adeguatezza rispetto all’obiettivo di ampia conoscibilità da perseguire-, ritiene comunque ragionevoli, in via esemplificativa, le previsioni contenute nella citata legge regionale lombarda (pubblicazione negli albi pretori dei Comuni e delle Province interessate; avviso sul B.U.R. e su almeno due quotidiani con l’indicazione delle sedi ove si possa prendere visione degli elaborati; previsione di un termine per la presentazione di eventuali osservazioni).
5.3 Adempiuto ai predetti incombenti, quindi, ed acquisite le eventuali osservazioni, la c.d.s. di cui al citato art. 6, comma 5, l.r. 19/97, nel cui ambito il 27 gennaio 2005 i soggetti intervenuti si limitavano ad una acritica “conferma delle decisioni assunte in sede di preconferenza”, andrà dunque ripetuta e potrà/dovrà compiere le proprie valutazioni tenendo conto delle risultanze dell’instaurato contraddittorio.
5.4 Rimangono pertanto assorbite tutte le censure formulate dalla ricorrente con riguardo alla congruità delle scelte compiute dalla p.a., soprattutto quanto alla concreta perimetrazione effettuata: lo svolgimento di un contraddittorio sul punto, difatti, consentirà di riconsiderare dette scelte -anche- sulla base dei nuovi e verosimilmente più ampi elementi di conoscenza offerti dalle parti (sul carattere assorbente dei vizi in tema di garanzie partecipative cfr., fra le molte, T.A.R. Emilia Romagna Bologna, sez. I, 10 settembre 2004, n. 3311; T.A.R. Lazio, sez. I, 10 aprile 2002, n. 3070).
5.5 Non va dimenticato, d’altronde, come la Corte Costituzionale abbia sottolineato che “la sentenza del giudice amministrativo di accoglimento con annullamento del piano adottato può … produrre l’effetto di rimuovere totalmente o parzialmente -a seconda dell’ampiezza dell’annullamento, totale o parziale- il contenuto del piano territoriale … ancorché approvato con legge, la quale, in simili evenienze, finisce con il rimanere in tutto o in parte priva di oggetto.
La legge regionale … non vale né come conversione dell’atto contenente la sostanziale programmazione pianificatoria, né come forma di “validazione” legislativa, né come sanatoria del piano stesso, né fa assumere al complesso del piano anzidetto valore di legge” (C. Cost., sentenze citate).
5.6 Nei sensi e limiti fin qui delineati il ricorso è dunque fondato e va accolto, con conseguente annullamento di tutti gli atti successivi alla delibera di Giunta Regionale del 5 ottobre 2004.
6.- Vanno, invece, disattese le censure formulate con riguardo a quest’ultimo provvedimento, in quanto i termini della sua adozione possono evincersi, in assenza di prova contraria, dai contenuti delle note con le quali il Dirigente dell’Ufficio Parchi e Riseve naturali della Regione Puglia dava comunicazione della medesima agli enti locali ai sensi del citato art. 6, comma 4, l.r. 19/97, con notificazione del relativo disegno di legge.
7.- Attesa la complessità delle questioni trattate sussistono giusti motivi per compensare integralmente fra le parti le spese processuali.
p.q.m.
Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, Sezione Prima di Lecce, accoglie nei sensi e limiti indicati in motivazione il ricorso n. 647/05 indicato in epigrafe e, per l’effetto, annulla la determinazione assunta, ai sensi dell’art. 6, comma 5, l.r. 24.7.97, n. 19, nella conferenza di servizi del 27 gennaio 2005.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Lecce, all’udienza del 21 dicembre 2005.
Aldo Ravalli - Presidente
Ettore Manca - Estensore
Pubblicata mediante deposito
in Segreteria il 23 febbraio 2006