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T.A.R. Lecce 1027/2002

                                                                       

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA PUGLIA

 PRIMA SEZIONE DI LECCE

composto dai Magistrati:    

Aldo Ravalli                            Presidente                                         

Maria Ada Russo                   Componente

Renata Emma Ianigro           Componente, rel./est.

ha pronunciato la seguente 

S  E  N  T  E  N  Z  A

sul ricorso n. 4588 del 2000 proposto da:

WIND Telecomunicazioni s.p.a., con sede legale in Roma, in persona del procuratore speciale avv.M.Mancuso, rappresentata e difesa, giusta mandato a margine del ricorso introduttivo, congiuntamente e disgiuntamente, dagli avv.ti Giuseppe Sartorio ed Angelo Vantaggiato, ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Lecce alla via Zanardelli n. 7;

                                                                                                    RICORRENTE

 CONTRO 

COMUNE DI CEGLIE MESSAPICA, in persona del Sindaco p.t. rappresentato e difeso dall’avv. Bruno Belli , giusta mandato in calce all’atto di costituzione, ed elettivamente domiciliato in Lecce alla via U.Foscolo n. 14 (c/o studio avv. P.Merola);

                                                                                                      RESISTENTE

 per l’annullamento

 - della ordinanza n. 45 del 12.05.200 con cui il Sindaco del Comune di Ceglie Messapica vietava, sul territorio comunale,:”l’installazione di antenne, ripetitori o impianti di altro genere di radiofonia, Tv, telecomunicazioni e telefonie che emettono onde elettromagnetiche, radio o di altro genere che possano essere nocive alla salute o che possano deturpare l’ambiente”;

- della deliberazione del 26.07.2000 con cui il Consiglio Comunale di Ceglie Messapica ha sospeso i procedimenti di rilascio di nuove autorizzazioni all’installazione di impianti di telecomunicazione;

- della ordinanza n. 65 del 31.07.2000, parimenti non comunicata alla ricorrente, ma richiamata nel provvedimento sub 1., con cui il Sindaco ha sospeso il rilascio delle “eventuali nuove autorizzazioni di collocazione o installazione di impianti emittenti onde elettromagnetiche, in attesa della approvazione dei regolamenti in materia”;

- del provvedimento di diniego di rilascio della concessione edilizia richiesta adottato il 10.08.2000 dal Sindaco;

- della deliberazione n. 24 del 25.07.2001 con cui il Commissario Prefettizio del Comune ha approvato: “il Regolamento per l’installazione, la modifica e l’adeguamento delle stazioni radio base per telefonia cellulare e servizi similari nonché antenne emittenti radiotelevisive”;

- di ogni altro atto presupposto e/o conseguenziale;

                                                          nonché

per la condanna, previa provvisionale, al risarcimento del danno ingiusto derivante alla ricorrente dagli atti impugnati, ai sensi del combinato disposto degli artt. 33,34,35 d.lgs.80/98, e dell’art. 2043 c.c.; 

Visto il ricorso ed il relativi allegati;

Vista le memorie depositate in atti;

Letti tutti gli atti di causa;

Relatore alla pubblica udienza del  6.02.2002 , la dott.ssa  Renata Emma Ianigro;

udito  per il ricorrente l’Avv.G.Sartorio;

 Ritenuto in fatto

     Con ricorso n. 4588/00, la Wind telecomunicazioni s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., premesso essere titolare di licenza individuale per il servizio radiomobile pubblico di comunicazione numerico DCS1800 sul territorio italiano, esponeva che, al fine di realizzare – nei tempi prescritti dalla licenza- la relativa rete telefonica per fornire agli utenti il servizio di pubblica utilità, provvedeva a stipulare con Alcatel s.p.a., un accordo quadro finalizzato alla fornitura e posa in opera, chiavi in mano, di una rete di telefonia mobile. Ciò premesso precisava che, in forza degli obblighi assunti, Alcatel ( dopo uno studio preliminare nel territorio  del Comune di Ceglie Messapica da cui emergeva la necessità di realizzare almeno due postazioni di antenne) individuava  due siti e precisamente uno collocato sul lastrico solare di un fabbricato sito in Via Marconi n. 70, e l’altro su un terreno sito in contrada Moretto, distinto al n.c.t. fg.70.part.lla 757.

Proposta, in data 29.09.1999, istanza per il rilascio della autorizzazione edilizia sul sito di via Marconi, ed ottenuto il parere favorevole igienico-sanitario del Presidio Multizonale di prevenzione dell’A.U.S.L. Br/1, comunicato al Comune il successivo 19.11.1999,  il Dirigente dell’Ufficio tecnico, in data 5.02.2000,  comunicava che la C.E.C. aveva espresso parere contrario alla realizzazione dell’impianto “in quanto trattasi di zona densamente abitata e comunque l’opera di che trattasi è soggetta a concessione edilizia e non ad autorizzazione”. Proposto ricorso avverso il predetto provvedimento iscritto al n. 991/2000 R.G., questo Tar sez.I. , con ordinanza del 20.04.2000 n. 894, non appellata dall’Amministrazione comunale, accoglieva la istanza cautelare e sospendeva l’efficacia del diniego impugnato poiché non congruamente motivato.

Successivamente, il Dirigente del Settore Ediliza, pur diffidato alla emanazione di un nuovo provvedimento, adottava la ordinanza sindacale n. 45 del 12.05.2000, mai comunicata alla ricorrente, con cui vietava sine die la installazione sul territorio comunale di antenne, ripetitori , o altri impianti di altro genere di telefonia, Tv, telecomunicazioni e telefonie che emettono onde elettromagnetiche, radio o di altro genere nocive alla salute o che possono deturpare l’ambiente”.  Depositata in data 2.08.2000 la istanza di autorizzazione per il secondo impianto da installarsi in contrada Moretto, il Sindaco, con ordinanza n. 65 del 31.07.2000, in esecuzione di una delibera C.C. adottata il 26.07.2000, disponeva la sospensione di “eventuali nuove autorizzazioni di collocazione o installazione di impianti emittenti onde elettromagnetiche , in attesa dell'approvazione di regolamenti in materia". Con atto del 10.08.2000 il Comune di Ceglie Messapica, senza provvedere sulla nuova istanza proposta da Alcatel,  negava , per la seconda volta, la concessione edilizia richiesta per la realizzazione della stazione radio base in via Marconi n. 70 sulla base delle ordinanze sindacali n.n. 45 e 56,  della deliberazione C.C. del 26.07.2000, e della assenza del parere ambientale di competenza regionale ex art. 2 bis della legge n. 189/1997. Tale ultimo motivo di diniego è stato poi superato dal sopravvenuto rilascio, da parte della Regione Puglia, Assessorato all’Ambiente, Settore Ecologia, del parere favorevole  di compatibilità ambientale e sanitaria di entrambi gli impianti.

Avverso le ordinanze sindacali n.n. 45 e 65/2000 , la delibera C.C. 26.07.2000, ed il diniego di concessione edilizia  del 10.08.2000, venivano proposte , quali motivi di impugnazione, le seguenti censure:

1) Violazione di legge; Violazione dell’art. 21 comma 7 della legge n. 1034/71, inottemperanza ed elusione di provvedimento giurisdizionale, violazione dell’art. 2909 c.c.,

Il diniego formulato dal Comune di Ceglie Messapica, il 10.08.2000, risulta palesemente elusivo della pronuncia cautelare con cui questo Tar sospendeva il primo diniego alla originaria istanza di rilascio di concessione edilizia formulata da Alcatel, ed è stato emanato al solo fine di inibire alla Wind la realizzazione nel territorio di Ceglie Messapica delle postazioni necessarie per garantire il segnale telefonico;

2) Violazione di legge; Violazione e falsa applicazione della legge n. 1902 /1952 mod. art. 4 l.n.1357/1995; violazione dell’art. 31 della l.n.1150/42; viol. Art. 4 l. n.10/77; viol. art. 51 l.n. 142/90 come mod. art. 6 l.127/97, incompetenza, eccesso di potere, violazione del giusto procedimento, violazione del principio di tipicità dell’atto amministrativo, sviamento di potere; 

I provvedimenti impugnati, nell’imporre un generalizzato divieto di installazione di impianti radio base sull’intero territorio comunale, risultano adottati al di fuori dei casi tassativi previsti in cui la legge n. 1902/52  ammette la sospensione di ogni determinazione sulle domande di autorizzazione. La delibera n. 26/00, con cui si sospende ogni determinazione sulle domande di autorizzazione per l’installazione di stazioni radio base,  è stata adottata dal Consiglio Comunale al di fuori di ogni competenza in materia, spettante per  legge al capo dell’Ufficio tecnico Comunale. Gli atti impugnati sono altresì illegittimi poiché non preceduti dal previo parere C.E.C., e poiché comportanti una sospensione “sine die”delle decisioni sulle istanze di concessione,  in funzione della adozione di strumenti urbanistici non ancora vigenti, ed in assenza di alcuna proposta già  esistente al riguardo.

3) Violazione dell’art. 2 della legge n. 241/90, incompetenza, violazione degli artt. 4 e 31 legge n. 1150/42, violazione dell’art. 4 della legge n. 398/93, eccesso di potere, difetto dei presupposti, sviamento della causa tipica;

I provvedimenti di sospensione impugnati contrastano con il principio generale di cui all’art. 2 della legge n. 241/90, secondo cui, ove il procedimento comsegua obbligatoriamente ad una istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, la P.A. ha il dovere di concluderlo con l’adozione di un provvedimento espresso. Per le istanze di concessione edilizia, l’art. 4  comma 2 del d.l. n. 398/93 contempla il potere di sospensione per la sola ipotesi di richiesta di integrazione documentale. Nella specie, tutti i termini procedimentali previsti dalla disciplina in materia sono decorsi, e la società ricorrente ha ottemperato a tutte le richieste di integrazione documentale.

4) Violazione e falsa applicazione dell’art. 38 della legge n. 142/90; eccesso di potere, difetto assoluto di istruttoria, travisamento dei fatti, difetto di motivazione, sviamento di potere, illogicità e contraddittorietà manifesta, violazione dell’art. 1 comma 6 lett. a) della legge n. 249/1997, incompetenza;

Gli atti sindacali impugnati non possono qualificarsi nemmeno come ordinanze contingibili ed urgenti, ai sensi dell’art. 38 della legge n. 142/90 , poiché manca, nella relativa motivazione, alcun riferimento a rilievi o accertamenti attestanti un pericolo per la pubblica incolumità, e risultano smentiti nella specie, dal parere favorevole igienico-sanitario rilasciato dalla competente A.S.L. di Brindisi. Il potere extra ordinem, mediante adozione di comandi a contenuto atipico,  può essere esercitato solo con riguardo a situazioni d’urgenza non preventivamente individuate dalla legge; invece,  la materia in esame è regolata da una specifica disciplina di settore, in base alla quale, la attivazione del servizio pubblico di telefonia mobile può essere impedita solo qualora risulti preventivamente accertato il superamento dei limiti di esposizione.

5) Violazione degli artt. 4 e 31 della legge n. 1150742; violazione dell’art. 4 legge n. 10/77, violazione dell’art. 4 comma 4 del d.l. n. 398/93, incompetenza assoluta, violazione dell’art. 102 d.p.r. 616/77, dell’art. 4 legge n. 833/78, dell’art. 1 legge n. 59/97, dell’art. 83 d.lgs. n. 112/98, dell’art. 1, comma 15, della legge n. 249/97, del d.m. n. 381/98.

I provvedimenti impugnati risultano viziati da carenza assoluta di potere dell’organo comunale, in quanto la legge  riserva allo Stato i compiti di rilievo nazionale per la tutela dell’ambiente e della salute (art. 4 l.n.59/97), e, nella materia in oggetto, attribuisce allo Stato la fissazione dei valori limite e delle linee guida della qualità dell’aria e dei criteri di adeguamento degli impianti esistenti (art. 83 d.lgs. 112/98). La installazione, l’esercizio e la fornitura della rete pubblica di telefonia mobile, costituisce “attività di preminente interesse generale” ex art. 2 d.p.r. n. 318/1997.

6) Illegittimità derivata del provvedimento di diniego,  violazione dell’art. 3 della legge n. 241/90, violazione del d.m. n. 381/98, eccesso di potere, carenza assoluta di istruttoria,

Il  provvedimento di diniego è stato adottato dal Comune intimato ignorando il precetto contenuto nella ordinanza cautelare con cui il Tar aveva sospeso l’efficacia del precedente diniego, ed è in ogni caso affetto da illegittimità derivata. Inoltre, non è stato preceduto da un’adeguata istruttoria, ed è stato emanato senza attendere il giudizio sulla compatibilità ambientale poi rilasciato in senso favorevole dalla Regione Puglia con atto prot. 8621 del 12.10.2000.

Dai provvedimenti impugnati sono derivati alla società ricorrente rilevanti danni dovuti al mancato utile della società, stimato in lire 2.000.000 pro die per ogni stazione,  ed ai costi sopportati per l’utilizzazione del sistema “roaming” comportante la corresponsione di elevatissimi canoni  di utilizzo agli altri gestori di telefonia mobile.

Con motivi aggiunti, notificati il 4.10.2001, la società ricorrente impugnava la deliberazione n. 24 del 25.07.2001 con cui il Commissario Prefettizio del Comune di Ceglie Messapica, approvava il : “regolamento per l’installazione, la modifica, e l’adeguamento delle stazioni radio base per la telefonia cellulare e servizi similari, nonché antenne emittenti radiotelevisive” ed ogni altro atto presupposto, connesso o conseguenziale. Con successiva nota prot. 15699 del 23.08.2001 il Dirigente pretendeva l’adeguamento dei progetti presentati allo “jus superveniens”. Avverso il predetto regolamento  e gli atti successivi venivano proposti i seguenti motivi di ricorso:

1)Violazione e falsa applicazione dll’art. 35 della legge n. 1150/42 e succ.int. e mod., violazione e falsa applicazione art. 7 della l.865/71, violazione e mancata applicazione degli artt. 15 e 16 della l.r. Puglia n. 56/80;

Il  Comune ha ritenuto di dare esecuzione retroattiva al regolamento adottato, applicandolo illegittimamente  anche alle istanze precedentemente presentate.

Il regolamento adottato è illegittimo laddove:  a)  incide sulle procedure inerenti la realizzazione degli impianti assoggettandole indiscriminatamente a concessione edilizia; b) impone precisi divieti prescrivendo il rilascio della concessione edilizia solo ed esclusivamente in zona “E”  di cui al vigente P.d.F. (ma non in presenza di abitazioni entro un raggio di metri 50), ovvero sui lastrici solari di edifici ubicati nelle sole zone “C” e “D”; c)  impone fasce di rispetto e distanze minime in misura non inferiore a 200 metri e 100 metri da edifici scolastici e ospedalieri, asili nido, parchi gioco e verde attrezzzato per le attività del tempo libero; d) richiede l’allegazione del parere ispsel, oltre ai pareri preventivi e successivi della A.S.L. competente; e) introduce valori di campo più restrittivi rispetto a quelli inderogabilmente fissati a livello nazionale fissandoli in 3v/m; f) prescrive la presentazione di una documentazione entro 90 giorni dalla relativa entrata in vigore, oltre una comunicazione di reperibilità continua di addetti della società per ogni singolo sito, da raggiungere entro un’ora, g) dispone il trasferimento degli impianti esistenti nelle zone ammesse previo ottenimento di un nuovo titolo concessorio.

Inoltre, stante la natura edilizia del regolamento in questione, esso doveva essere approvato attraverso la procedura di modifica del regolamento edilizio disciplinata dagli artt. 35 e 41 octies della legge n. 1150/42, e dall’art. 15 della legge reg. n. 56/80,  cosa che nella specie non è avvenuta.

2) Violazione degli artt. 31 e 32 della legge n. 1150/42, 1 e 4 della legge n. 10/77, 4 della legge n. 493/93 e succ. mod., 1 e 3 della legge n. 241/90, eccesso di potere, difetto di istruttoria e di motivazione, illogicità;

La delibera impugnata sottopone indiscriminatamente a regime concessorio qualsiasi attività diretta alla installazione di antenne per telefonia mobile,  mentre le antenne per telefonia cellulare non sempre comportano una trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio rilevante ex art. 1 legge n. 10 del 1977, come nel caso dei c.d. impianti “roof top” costituiti da antenne di ridottissime dimensioni normalmente collocate sui lastrici solari di edifici preesistenti. Diversamente gli impianti c.d. “row land” posti su pali o tralicci sono di regola sottoposti al rilascio di concessione edilizia.

Il Consiglio Comunale è pervenuto alla adozione dell’impugnato regolamento in assenza di qualsivoglia istruttoria in ordine alle caratteristiche tecniche dell’attività in questione.

3) Violazione art. 1 comma 6 lett. a), n. 15 l.n. 249/97, d.m. n. 381 del 10.09.1998, l.n. 36/2001, art. 21 l.r. n. 17/00, incompetenza, eccesso di potere per sviamento,

Il Consiglio Comunale di Ceglie Messapica ha introdotto, con il regolamento gravato, limiti e criteri più restrittivi di quelli dettati a livello statale dal d.m. n. 381/1998, violando le competenze riservate dalla legge  in via esclusiva allo Stato   in materia di fissazione dei valori-limite, ed al circuito Governo-Regioni per il raggiungimento di obiettivi di qualità,   e,  in ogni caso,  impedendo del tutto lo svolgimento del servizio di telefonia cellulare all’interno del centro abitato di Ceglie Messapica. La legge regionale n. 17/00 , lungi dall’abilitare i Comuni a introdurre normative ulteriori e più restrittive a protezione della salute pubblica, conferisce ai Comuni limitati compiti amministrativi di organizzazione, necessariamente finalizzati a garantire il solo rispetto dei criteri e valori fissati dallo Stato, ciò almeno fino a quando non sarà entrata in vigore la legge-quadro della Regione in materia di campi elettromagnetici. 

L’art. 8 comma 6  della legge n. 36/01 che finalizza il potere regolamentare dei Comuni  al corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti ed a minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici” va interpretata coerentemente con l’intero quadro normativo di riferimento.

4) Violazione della legge n. 24971997, Violazione e falsa applicazione del d.m. n. 381/98, violazione della legge n. 36/01; incompetenza assoluta, eccesso di potere per sviamento, illogicità manifesta, difetto di istruttoria;

Il divieto generalizzato di installare impianti nel territorio urbano, nonché il criterio della distanza di 100/200 metri da edifici scolastici, sanitari, parchi gioco, e verde attrezzato, contrastano con la normativa statale vigente in materia che consente la localizzazione di impianti in prossimità di edifici residenziali, subordinando l’attivazione dell’impianto al rispetto del limite ampiamente cautelativo di 6 v/m. Quanto detto trova conferma anche nelle linee guida applicative del d.m. 381 cit posto che la individuazione di fasce di rispetto all’interno delle quali non è consentita alcuna destinazione di edifici ad uso residenziale, scolastico e sanitario è prevista dalla legge esclusivamente con riferimento agli elettrodotti, che sono impianti totalmente diversi dalle stazioni radio base. Il criterio della distanza nel caso delle stazioni radio base, quale strumento di protezione sanitaria della popolazione, è privo del benchè minimo fondamento tecnico-scietifico, e del tutto oscuro è il metodo attraverso cui si è stabilita una distanza anziché un’altra.

Il divieto di installare impianti di telefonia cellulare nel centro urbano è illegittimo, non essendo previsto da alcuna normativa al riguardo.

La deliberazione impugnata omette ogni considerazione delle peculiari caratteristiche  tecniche  che le infrastrutture devono possedere per garantire il funzionamento del servizio.

Le prescrizioni urbanistiche adottate dal Comune inducono la società ricorrente a rinunciare alla realizzazione della rete di telefonia cellulare nel territorio comunale di Ceglie Messapica.

Costituitosi il Comune di Ceglie Messapica, eccepiva, in primo luogo,  la carenza di giurisdizione del Tribunale Amministrativo trattandosi di controversia in materia di tutela del diritto alla salute, inoltre la tardività della  impugnativa  avverso gli atti sindacali e la delibera C.C. n.26/00, proposta oltre  i termini di legge, e, nel merito, la sussistenza dei presupposti dell’intervento sindacale dovuti alla urgenza di provvedere in via preventiva per eliminare possibili cause di danno alla salute  dei cittadini. Quanto ai motivi aggiunti, deduceva la applicabilità del regolamento adottato alle istanze di concessione presentate dalla ricorrente, quali norme vigenti all’atto della adozione del relativo provvedimento, la assoggettabilità a concessione edilizia dei tralicci e degli impianti a terra, e la sussistenza di una competenza comunale in materia.

All’udienza pubblica del 6 febbraio  2002 il ricorso è stato discusso e ritenuto per la decisione

 

 

 

Considerato in diritto

1. Preliminarmente va rigettata poiché infondata l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dal Comune resistente. La controversia in esame rientra indubbiamente nella giurisdizione amministrativa, posto che il ricorso ha ad oggetto la impugnazione di atti amministrativi di cui si chiede l’annullamento, mentre il diritto alla salute dei cittadini - posto a sostegno dell’eccezione- rileva in via meramente consequenziale per cui non può comportare lo spostamento del presente giudizio innanzi al giudice ordinario.

2. In primo luogo va rilevata l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse del ricorso proposto in via principale avverso le ordinanze sindacali impugnate  n.n. 45 e 65/00, con cui era  stata vietata l’installazione di impianti di telefonia mobile su tutto il territorio comunale ed era stata sospesa ogni determinazione sulle relative istanze di autorizzazione o concessione “in attesa della approvazione dei regolamenti in materia”. Dette ordinanze sono state successivamente  revocate dal Commissario Prefettizio del Comune di Ceglie Messapica - con la delibera n. 24 del 25.07.2001 di adozione dell’impugnato regolamento-  “poiché in contrasto con la normativa vigente di recente approvazione e perché la loro efficacia verrebbe a perdersi con l’approvazione del regolamento medesimo”. Conseguentemente viene meno anche l’interesse a coltivare il ricorso avverso il   provvedimento di diniego della concessione edilizia richiesta da Alcatel, per il sito posto in via Marconi n.70, trattandosi di atto adottato il 10.08.2000, in attuazione delle predette ordinanze.  L’impugnato provvedimento  risulta altresì  superato anche nella parte in cui nega il rilascio della concessione richiesta per l’assenza del parere ambientale di competenza regionale, poi intervenuto  in senso favorevole con atto prot. n. 8621 del 12.10.2000.

3. Vanno esaminati i motivi di ricorso proposti avverso la deliberazione n. 24 del 25.07.2001 con cui il Commissario Prefettizio del Comune di Ceglie Messapica, approvava il: “Regolamento per l’installazione la modifica e l’adeguamento delle stazioni radio base per telefonia cellulare e servizi similari, nonché antenne emittenti radiotelevisive”.

In punto di fatto va, in primo luogo chiarito, che la ricorrente Wind Telecomunicazioni s.p.a. ha dedotto, nella specie, di aver presentato al Comune di Ceglie Messapica due istanze di concessione/autorizzazione per la realizzazione di due stazioni radio-base di telefonia mobile, e precisamente, la prima, in data 29.09.1999 per un impianto da installare sul lastrico solare di un fabbricato sito in via Marconi, e la seconda per un impianto da collocare in contrada Moretto nell’ambito del territorio dello stesso Comune.

In seguito all’adozione dell’impugnato regolamento, il Comune di Ceglie Messapica, con nota allegata in atti del 23.08.2001, trasmetteva alla ricorrente copia di tale regolamento, invitandola ad adeguare i rispettivi progetti allo "ius superveniens" costituito dalla nuova regolamentazione comunale, segnatamente ai parametri, ed alla documentazione di cui all'art.4 dello stesso.

Con successiva nota del 4.10.2001, con specifico riferimento all’applicabilità del regolamento, ed in relazione ad entrambi gli impianti in questione, l’Ufficio Tecnico del Comune insisteva nella produzione della documentazione di cui all’art. 4, ed asseriva esplicitamente   che, per il sito di contrada Moretto, l’intervento  come descritto “non contrasta “ con il regolamento comunale.

Diversamente, un siffatto contrasto è stato ivi ravvisato con riguardo all’impianto da collocare in via Marconi poiché:“- nel raggio di 50,00 ml dalla base dell’antenna, sono comprese altre costruzioni con permanenza umana di almeno 8 ore al giorno (abitazioni, ed esercizi privati) ; - la distanza minima da edifici pubblici quali ospedali scuole, chiese è superiore a ml 100,00, ma la stessa struttura ospitante l’impianto è a destinazione collettiva (chiesa, convitto, spazi attrezzati per il giuoco)”.

Preliminarmente rileva il Collegio, sotto il profilo dell’ammissibilità, che, risultando impugnato un atto di natura regolamentare e quindi di carattere generale, la disamina da svolgersi in questa sede deve essere limitata alle disposizioni ritenute lesive della posizione giuridica vantata dalla ricorrente, dovendo escludersi la configurabilità di un interesse diretto ed attuale ad impugnare disposizioni non applicate o comunque estranee alla fattispecie in esame.

Tale interesse va rapportato, inequivocamente, alla finalità perseguita dalla società ricorrente attraverso il presente ricorso, che è quella  di assicurare nell’ambito di tutto il territorio comunale di Ceglie Messapica, la efficienza e funzionalità   del servizio di telefonia mobile, possibilmente, con impianti di sua pertinenza.

In tal senso dovrà aversi riguardo esclusivamente: alle censure relative alle norme regolamentari attestate come incompatibili con l’efficienza e funzionalità del servizio in questione; a quelle ritenute rilevanti dall’Ufficio Tecnico Conunale nella su menzionata nota del 4.10.2001, ed a quei motivi di ricorso di natura procedimentale suscettibili comunque di travolgere l’intero strumento adottato.

4. Nel merito va, innanzitutto, riconosciuta l’applicabilità del regolamento impugnato alle istanze presentate prima della sua adozione, posto che, per giurisprudenza pacifica, l’Amministrazione  è tenuta ad applicare la normativa vigente al momento della adozione dell’atto amministrativo. 

4.1 Seguendo un ordine di pregiudizialità logica nelle questioni da trattare, va  preliminarmente esaminata  la doglianza relativa alla addotta inosservanza, nella specie,  della procedura di adozione e  approvazione  dei regolamenti edilizi come disciplinata dalla legge  statale n.1150/42 artt. 35 e 41 octies, e  dalla legge regionale n. 56/80 art. 15,  che annovera testualmente il regolamento edilizio tra gli elaborati che costituiscono il P.R.G.,  la cui procedura in nulla differisce da quella di adozione delle varianti urbanistiche.

 Il motivo è infondato. Ritiene il Collegio che, allo stato della normativa vigente, debba escludersi l’addotta assimilabilità del regolamento in materia di installazione di impianti per telefonia cellulare, ad un regolamento di natura edilizia. Ciò per le ragioni di seguito esposte. E’ noto che, in seguito all’introduzione della legge n. 142/1990 in tema di autonomie locali, l’autonomia statutaria e regolamentare dei Comuni ha avuto una spiccata accentuazione. In passato, i regolamenti comunali erano classificati per lo più in base all’oggetto disciplinato. Attualmente, essi sono orientati per “funzioni” come desumibile dall’art. 5 della legge n. 142 del 1990, ora trasfuso nell’art. 7 d.lgs. 267/00, in coerenza con la maggiore autonomia riconosciuta agli enti locali. Ed infatti, l’art. 5 cit., in tema di autonomia regolamentare di Province e Comuni, menziona, oltre i regolamenti per la organizzazione degli organi e degli uffici, i regolamenti “per l’esercizio delle funzioni”. In  tale assetto normativo, il regolamento viene quindi configurato come lo strumento per consentire all’ente di conseguire determinate finalità proprie delle funzioni ad esso attribuite.

Nella materia in esame, il potere regolamentare riconosciuto ai Comuni, ha trovato  un primo fondamento normativo, nell’art. 21 della legge regionale n. 17 del 30.11.2000, in tema di conferimento di funzioni e compiti amministrativi in materia di tutela ambientale,  emanata in attuazione della delega contenuta nell’art. 4 della legge n. 59/97.  Tale legge, all’art. 21 comma 2, ha attribuito ai Comuni il potere di dotarsi, al fine di minimizzare il rischio di esposizione delle popolazioni, di un regolamento di “organizzazione del sistema di teleradiocomunicazioni” che integra la pianificazione territoriale.

La norma è di alcuni mesi anteriore a quella, di contenuto analogo, adottata nella nella legge-quadro n. 36 del 22.02.2001 sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”. Detta legge statale all’art. 8  comma 6, nel determinare le competenze dei Comuni, stabilisce che essi: “possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare la esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici”.

Tale essendo il quadro normativo di riferimento, deve ritenersi, a parere del Collegio, che, con le norme in questione, la legge abbia inteso attribuire ai Comuni il potere di organizzare il sistema di teleradiocomunicazioni su base locale,  attraverso la adozione di prescrizioni regolamentari che organizzino il servizio tenendo conto di esigenze locali valide e compatibili con l’obiettivo di  minimizzare il rischio di esposizione delle popolazioni.

Tali prescrizioni non costituiscono esercizio del potere di pianificazione urbanistica  del Comune, in senso stretto,  poiché non hanno la funzione di incidere sulle modalità di conformazione del territorio, nè di  modificare, o introdurre  nuovi parametri o standards urbanistici, ma normalmente presuppongono le preesistenti destinazioni di zona  rilevanti ai fini della concreta attuazione del principio di minimizzazione.

 Né, su tale piano, può smentire tali conclusioni  la circostanza che, per consentire la installazione di stazioni radio-base, la Amministrazione comunale sia spesso tenuta ad operare valutazioni inerenti l’aspetto estetico-ambientale degli impianti o comunque l’impatto che essi determinano sul tessuto urbanistico.  Sotto tale profilo, va rilevato che prescrizioni di tal genere, preesistono al regolamento e si rinvengono anche in altri tipi di regolamenti organizzativi o di pianificazione delle attività sul territorio,  dovendosi distinguere tra rilevanza urbanistica dell’attività, e natura urbanistica della normativa.

Ci si riferisce, ad esempio, ai regolamenti contro l’inquinamento acustico previsti e disciplinati dalla legge-quadro  n.447 del 26.10.1995, che li colloca nell’ambito dei regolamenti di igiene e sanità (art. 6 comma 2). Le fattispecie presentano, infatti, indiscutibili analogie. L’impostazione di fondo della legge n. 447/95 non differisce, di molto, da quella fatta propria dalla legge–quadro n. 36/01. L’aspetto comune è dato dalla funzionalizzazione delle rispettive normative alla tutela dell’ambiente contro l’inquinamento, dall’esistenza, in entrambi i detti strumenti, di particolari prescrizioni da imporre in materia di rilascio delle concessioni edilizie relative a nuovi impianti e infrastrutture, e nell’adozione di   piani di risanamento per le aree  inquinate (art. 6). La potestà regolamentare del Comune in materia di inquinamento acustico è, peraltro, più incisiva sul territorio, rispetto a quella prevista dalla legge- quadro contro l’inquinamento elettromagnetico.  La legge 447 cit. infatti attribuisce ai Comuni la facoltà classificare il territorio in zone secondo i criteri prefissati dalle Regioni, ed in tale ottica, la legge ne ha previsto il coordinamento con gli strumenti urbanistici vigenti proprio a volerne sottolineare la autonomia rispetto ad essi. La legge n. 36/01 all’art. 8 demanda, invece, alle regioni l’esercizio delle funzioni relative all’individuazione dei siti per gli impianti di telefonia mobile, alle modalità per il rilascio delle autorizzazioni, con facoltà delle predette di “definire le competenze che spettano alle province ed ai Comuni”

Da quanto argomentato si è chiarito che la esistenza, in un regolamento comunale, di prescrizioni di rilevanza urbanistica relative alle modalità di rilascio di autorizzazioni o concessioni edilizie, o relative alla classificazione del territorio in zone, non induce, automaticamente a qualificare un  regolamento come atto di esercizio di potestà pianificatoria urbanistica, intesa quale uso diretto del territorio, e non già delle attività “sul territorio”. Ciò che rileva ai fini della qualificazione giuridica, si è detto, è l’esercizio della “funzione” costituente il presupposto dell’esercizio del potere regolamentare, che, nella specie, non riguarda direttamente il territorio, ma le modalità attraverso cui il servizio di telefonia mobile può inserirsi nel tessuto urbanistico, senza interferire con le condizioni di vivibilità ambientale dei luoghi o con altri valori preesistenti. L’organizzazione del servizio di telefonia mobile rientra ora, ex lege, tra i fini istituzionali dell’Amministrazione locale che, in tale veste, è tenuta a garantire la erogazione del servizio sotto il profilo della funzionalità, coerentemente con la prioritaria finalità di minimizzazione del rischio di esposizione, posto a   salvaguardia della salute umana e salvi altri valori preesistenti.

Esclusa quindi, alla luce di quanto sopra, la natura edilizia del regolamento in questione, ne deriva l’infondatezza delle censure relative al tipo di procedura adottata, che correttamente è quella propria dei regolamenti organizzativi comunali.

5. Venendo ora all’esame delle singole norme regolamentari oggetto di impugnativa, occorre soffermarsi sulle prescrizioni ritenute dall’Ufficio Tecnico Comunale   in contrasto con le istanze presentate dalla società ricorrente (nota del 4.10.2001) Si è sopra precisato che l’Ufficio Tecnico, nella relazione presentata sulle istanze Wind/Alcatel, ha chiarito, con riferimento al regolamento di recente adozione, che le domande dovevano essere integrate dai documenti previsti dall’art. 4, senza tuttavia specificare quali, tra gli atti elencati dalla norma, risultavano mancanti.

Innanzitutto, con riferimento alla documentazione richiesta dall’art. 4 del regolamento, la società ricorrente non ha dimostrato di aver ottemperato alla nota istruttoria inviatale dall’amministrazione con nota prot. n. 16599 del 23.08.2001, né ha chiarito le ragioni per cui non ha prodotto la documentazione richiesta dall’art.4. Inoltre, quanto alle contestazioni mosse in relazione all’art. 4, va rilevato che esse sono estremamente generiche, né chiariscono quale  sia il pregiudizio derivante alla società dall’integrazione istruttoria richiesta, né se siano ivi indicati atti che la stessa non è in grado di produrre per particolari ragioni.

Non è dato,in sostanza, conoscere quale sia il profilo di illegittimità ravvisato dal ricorrente con riferimento a ciascuno degli atti richiesti ai fini della istruttoria,  tenuto conto, peraltro, della  ampia enumerazione contenuta nel citato art. 4.

5.1. La relazione redatta il 4.10.2001 dal responsabile del servizio, attesta che la istanza presentata  per la installazione di una stazione radio base in via Marconi, contrasta con la normativa posta in materia di distanze dal regolamento di nuova adozione, posto che l’impianto risulta collocato nel raggio di 50,00 m.l. da ricettori sensibili, e poiché la stessa struttura ospitante l’impianto è a destinazione collettiva (chiesa,convitto, spazi attrezzati per il gioco). Al riguardo l’art. 5 del citato regolamento, nell’introdurre divieti in materia di installazione di stazioni radio-base, stabilisce che: “Per garantire la massima tutela dei soggetti particolarmente  sensibili, è vietata, l’installazione di sistemi radianti relativi agli impianti di emittenza radiotelevisiva , su ospedali, case di cura e di riposo, scuole ed asili nido, ed a distanza inferiore a 200 metri dal perimetro esterno di predette strutture”. Il ricorrente censura detta norma, poiché priva di fondamento tecnico-scientifico, e poiché l’unico limite posto dalla legge in presenza di ricettori sensibili è quello  della intensità del campo fissata nel valore di 6 v/m in corrispondenza di edifici adibiti a permanenza giornaliera non inferiore a  quattro ore.

La censura è infondata. Ritiene il Collegio che il criterio della distanza, così come fissato dal Comune di Ceglie Messapica,nella misura di duecento metri dai c.d ricettori sensibili,  non incorra nei vizi di legittimità denunciati in ricorso.

Tale criterio, a parere del Collegio, trova la propria legittimazione nel principio di prevenzione vigente in materia, e, dal punto di vista tecnico, non appare frutto di scelte irragionevoli od arbitarie.

Come noto, gli impianti di telefonia cellulare utlizzano antenne che producono onde elettromagnetiche c.d. ad alta frequenza, che si irradiano nell’ambiente circostante sia sul piano orizzontale che su quello verticale.  Sulla base delle attuali conoscenze scientifiche, a distanza dalla sorgente,   i campi elettromagnetici si distribuiscono su superfici sempre più ampie, e l’intensità di essi diminuisce man mano che essi si propagano,  secondo la legge quadratica della distanza. . Attraverso il criterio della distanza si mira in sostanza a sottrarre i c.d. ricettori sensibili dal fascio, di più alta intensità, e  di “diretta irradiazione”,  generato dalla sorgente.

In tal senso, ed,  allo stato,  in assenza di indicazioni di fonte normativa, trova giustificazione ed è ragionevole  la imposizione da parte del Comune, delle c.d.  fasce di rispetto  in prossimità delle zone densamente abitate,  in quanto dirette a “minimizzare” il rischio di esposizione delle popolazioni.

5.2 Rileva il Collegio che il  principio di minimizzazione nella materia, va applicato con particolare rigore, poiché funzionale alla tutela di un valore fondamentale della persona quale’è quello della salute umana garantita dall’art. 32 Cost.. Esso costituisce applicazione del principio di “precauzione” di derivazione comunitaria, sancito dall’art. 174 par. 2 del Trattato di Roma (art. 130R prima della entrata in vigore del trattato di Amsterdam), secondo cui la politica della Comunità in materia ambientale è fondata sui principi della “precauzione e della azione preventiva”. Trattasi di un principio di applicazione generale che, come confermato dalla giurisprudenza della Corte Comunitaria,  trova applicazione in tutti quei settori ad elevato livello di protezione,  e ciò indipendentemente dall’accertamento di un effettivo nesso causale tra il fatto dannoso o potenzialmente tale e gli effetti pregiudizievoli che ne derivano. La Corte di Giustizia comunitaria ha in particolare asserito che l’esigenza di tutela della salute umana diviene imperativa, in presenza di rischi solo possibili, ma non ancora scientificamente accertati (C.G. sentenza 14 luglio 1998, causa C-248/95; sentenza 3 dicembre 1998, causa C-67/97, Bluhme).

Nella materia in esame, la applicazione del principio di precauzione non può prescindere da una considerazione fondamentale: l’assenza di conoscenze scientifiche certe sugli  “effetti a lungo termine” sulla salute umana, derivanti dalla esposizione alle c.d. radiazioni non ionizzanti promananti dagli impianti di telefonia mobile. Tale aspetto del problema non può essere trascurato in un’epoca in cui si assiste ad un incremento esponenziale del numero di  ripetitori per telefonia cellulare nei centri abitati. Va osservato al riguardo, che in assenza di studi scientifici certi sui detti effetti a lungo termine, non può asserirsi che i valori limite minimi fissati dalla normativa statale, siano assolutamente prudenziali. Del resto il panorama europeo in materia risulta estremamente variegato, e poco rassicurante al riguardo, posto che ad esempio, in Belgio la legislazione nazionale prevede un limite di 20,5 v/m, mentre il Belgio francofono si è attestato su un valore di 3 v/m; la Svizzera ed il Liechtenstein hanno scelto  un valore di 4,0 v/m;  la Francia e la Spagna  hanno  adottato un limite tra 41 e  58 v/m per una potenza rispettivamente di 900 e 1800 Mhz  conformandosi alle   linee guida elaborate dalla  Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Non Ionizzanti (ICNIRP), ampiamente contestate dagli studiosi poiché adottate senza tener conto degli studi epidemiologici in corso.

Da quanto esposto è evidente che,  a livello europeo,  non si registra  un indirizzo uniforme sulla fissazione di valori limite ritenuti precauzionali, alcuni dei quali sono peraltro inferiori rispetto a quelli fissati in Italia dal d.m. 381/98 , il che induce ad escludere che essi possano, con assoluta certezza, ritenersi del tutto precauzionali. 

E’ noto che i  primi studi compiuti, allo stato in via sperimentale,   hanno già evidenziato rischi di gravi patologie, anche tumorali, in particolare per gli organismi deboli, o in via di formazione, o di crescita.  Pertanto, in presenza di un pericolo anche solo potenziale per la salute umana, il principio di precauzione deve comportare  una anticipazione della tutela  volta a prevenire la insorgenza di possibili patologie a breve o a lungo termine, e deve altresì evitare l’insorgenza dei diffusi stati di ansia e di stress emotivo per coloro che abitano o vivono in  prossimità di una sorgente che emetta onde elettromagnetiche ad alta frequenza. Del resto è noto che la salute, nell’ampia accezione  adottata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, non si identifica con la sola  assenza di malattie, ma con uno “stato di completo benessere fisico, psichico, e mentale”.

Da quanto sopra esposto consegue che,  rispetto alle prioritarie esigenze preventive di tutela della salute umana come rappresentate,  diventa recessivo  l’interesse economico della società ricorrente  ad installare una stazione radio base “entro la fascia di rispetto” prevista a tutela della salute dei  cittadini.

Nella norma impugnata si fa riferimento ad edifici adibiti a permanenza prolungata,  ed in particolare a luoghi di cura e di degenza, o destinati all’infanzia. Trattasi  di luoghi utilizzati quali sedi di residenza o occupati da soggetti deboli, rispetto ai quali, la fissazione di fasce di rispetto contro la irradiazione diretta diventa una esigenza imprescindibile, allo stato delle conoscenze. La mancata predeterminazione,  con legge,  di fasce di rispetto valevoli erga omnes, non può interpretarsi quale indice di inutilità delle medesime a salvaguardia dal rischio di esposizione. La scelta relativa, a parere del Collegio, non può che essere rimessa alla Amministrazione competente, nella misura in cui la relativa determinazione può variare  in relazione alle caratteristiche morfologiche ed orografiche del luogo, alla estensione del centro abitato,  alla densità abitativa, alla dislocazione o concentrazione delle varie zone in cui sono collocati gli edifici,  sedi di ricettori sensibili, o comunque alle  caratteristiche proprie della comunità..

6. Quanto agli altri motivi di ricorso fatti valere avverso l’impugnato regolamento, deve rilevarsene la inammissibilità, secondo quanto di seguito precisato.

6.1. Con riferimento alla questione relativa alla indiscriminata assoggettabilità degli impianti a concessione edilizia da parte dell’art. 4, va rilevato che la società ricorrente non ha dimostrato che l’impianto di via Marconi, rientrerebbe in quella tipologia di antenne di piccole dimensioni che, a suo dire, potrebbero essere assoggettati a mera autorizzazione. Peraltro la giurisprudenza in materia risulta orientata in maniera prevalente a ritenere assoggettabile a regime concessorio la installazione degli impianti in parola, anche nei casi in cui essi siano installati su edifici, in relazione all’impatto estetico-ambientale da essi determinato ( cfr C.d.S. sez.V n. 415 del 6.04.1998, sez.V n. 5828 del 30.10.2000). La trasformazione del territorio rilevante ai sensi dell’art.1 legge n. 10/77, può discendere anche da una mera alterazione apprezzabile sotto il profilo estetico ed ambientale o anche solo funzionale, in relazione alla visibilità ed all’estetica complessiva del luogo.

6.2 Quanto ai valori limite fissati dal Comune in corrispondenza delle zone residenziali, in misura inferiore alla soglia minima fissata con d.m. 381/98, la ricorrente non ha dimostrato la lesività della norma in questione,  non ha cioè  documentato che tale disposizione  si porrebbe quale  fattore ostativo alla attivazione degli impianti oggetto di istanza. Non risulta provato agli atti  che gli impianti per cui è causa, contrastano con tale norma regolamentare nel senso che, qualora attivati, determinerebbero un superamento dei valori limite fissati dal Comune, e rischierebbero pertanto di restare inattivi. Sotto tale profilo va altresì esclusa la ammissibilità del motivo in questione.

6.3 A conclusioni analoghe deve pervenirsi con riguardo al lamentato difetto di istruttoria. La ricorrente non ha dimostrato che le prescrizioni regolamentari adottate dal Comune di Ceglie Messapica determinerebbero una oggettiva impossibilità di attivazione e funzionamento del servizio di telefonia su tutto il territorio comunale. In sostanza la ricorrente avrebbe dovuto dimostrare, sotto il profilo tecnico, che i limiti imposti dal Comune di Ceglie Messapica con il regolamento in questione impediscono la efficienza e funzionalità del servizio,  determinando la mancata copertura del segnale su tutto o su parte significativa del territorio comunale. Ciò nella specie non è avvenuto, essendo mancata alcuna attestazione al riguardo.

6.4 Con riferimento alle zone  con destinazione “E”,”C” e “D”in cui è ammessa ex art. 4 la  installazione di antenne entro le modalità ivi previste, si è già evidenziato che l’Ufficio Tecnico del Comune di Ceglie Messapica ha precisato  che le istanze presentate nell’interesse della società ricorrente ricadono entrambe in zona “E” ove l’art. 4 cit. ammette la installazione di impianti di telefonia mobile. Sotto tale profilo , quindi, va esclusa, la lesività della norma in questione.

 7. Né potrebbe, diversamente, argomentarsi che l’Amministrazione comunale sarebbe comunque tenuta a consentire la installazione di impianti di telefonia mobile su tutto il territorio comunale, sul presupposto che trattasi di  “opere di urbanizzazione primaria” e pertanto compatibili astrattamente con qualsiasi destinazione di zona.

L’assunto non convince. Innanzitutto, gli impianti di telefonia mobile non rientrano nelle opere di urbanizzazione primaria elencate dall’art.4  della legge n. 847/1964. Ad una attenta lettura le opere ivi elencate sono quelle indispensabili per la vivibilità dell’abitato, la cui esistenza  si rende necessaria per il soddisfacimento delle primarie esigenze di vita della popolazione (rete idrica, rete di distribuzione dell’energia elettrica e del gas, pubblica illuminazione, strade residenziali, fognature, verde attrezzato). Sotto tale profilo, pur a voler considerare la non tassatività della elencanzione di cui all’art. 4, va rilevato che , a parere del Collegio, gli impianti di telefonia mobile non sono assimilabili nemmeno per analogia alle opere di urbanizzazione “primaria” di cui al citato art. 4, posto che è indiscutibile che esse non rispondono ad esigenze “primarie” ed irrinunciabili per la vivibilità di un centro abitato, in quanto sistemi di comunicazione non indispensabili perché sostituibili con altri.

Tali conclusioni sono avvalorate da ulteriori considerazioni di ordine sistematico. Innanzitutto gli impianti in questione non  vengono computati nell’ambito dei costi posti a carico del titolari di concessione edilizia quali “oneri di urbanizzazione”. Inoltre nella materia in esame non è configurabile l’applicabilità, nemmeno in via analogica, della disciplina introdotta dal codice postale (d.p.r. n. 156/73), poiché emanata in un’epoca in cui la telefonia mobile non costituiva un fenomeno  diffuso,  e, comunque, in relazione a fattispecie ben diverse relative ai sistemi “fissi” di telecomunicazioni dotati di caratteristiche tecniche certamente non paragonabili a quelli in esame operanti attraverso il sistema analogico “Tacs”,  o la tecnologia digitale “Gsm”  attiva in una banda compresa tra i 900 ed i 1800 Mhz. Analogo discorso vale per la normativa regionale in tema di   “reti telefoniche”,  disciplinate dall’art. 19 della legge regionale n. 6 del 1979.

Alla luce di quanto argomentato non può escludersi che l’Amministrazione competente,  nel perseguire l’obiettivo della minimizzazione del rischio o della tutela dei valori preesistenti, possa discrezionalmente  prediligere, per la installazione degli impianti,  pur nella giusta valutazione delle esigenze di funzionalità ed efficienza del servizio,   in sintonia con la localizzazione da parte della Regione ai sensi della legge n. 36 del 2001. 

In definitiva, alla luce delle esposte argomentazioni, il ricorso va integralmente rigettato. Ricorrono giusti motivi, per la complessità e novità delle questioni trattate, per compensare integralmente tra le parti le spese processuali.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Prima Sezione di Lecce, definitivamente decidendo:

-           Rigetta il ricorso;

-           spese compensate;

ORDINA

all’Autorità Amministrativa di dare esecuzione alla presente sentenza.

 

Così deciso in Lecce, nella Camera di Consiglio del 6 febbraio  2002.