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Consiglio di Stato 132/2002

                                                                           

                             

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il  Consiglio  di  Stato  in  sede  giurisdizionale,   Quinta  Sezione         

ha pronunciato la seguente

decisione

sul ricorso n. 10868 del 1999 , proposto dal Comune di Verona , in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Domenico Iaria , elettivamente domiciliato presso dr. Gian Marco Grez in Roma, Lungotevere Flaminio n. 46;

contro

la s.p.a. Parcheggio Arena, rappresentata e difesa dall’avv. Ivone Cacciavillani e dall’Avv. Luigi Manzi, presso quest’ultimo elettivamente domiciliata in Roma, via Confalonieri n. 5;

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Sezione Prima , 18 maggio 1999, n. 683, resa tra le parti.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della s.p.a. Parcheggio Arena ;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla pubblica udienza del 10 luglio 2001  il consigliere Marzio Branca, e uditi .l’Avv. Mazzocco, su delega dell’Avv. Iaria, e l’Avv. Cacciavillani.

Visto il dispositivo della decisione n. 422 del 16 luglio 2001;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO

Con la sentenza in epigrafe, il TAR Veneto, accogliendo in parte il ricorso proposto dalla s.p.a. Parcheggio Arena contro il Comune di Verona, ha accertato il diritto della ricorrente ad acquisire in gestione trentennale, oltre la parte sotterranea del parcheggio dalla stessa realizzato, anche la struttura emergente dal piano stradale, che invece il Comune, considerandola realizzata in difformità dal progetto approvato, aveva, con deliberazione contestualmente annullata dal TAR, sottratto alla ricorrente ed acquisito alla utilizzazione diretta da parte dell’Amministrazione.

Il Comune di Verona ha proposto appello facendo leva, ribadite le eccezioni di inammissibilità del ricorso per tardività e difetto di interesse, essenzialmente, su due profili di gravame.

L’Amministrazione, in primo luogo, deduce il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo alla stregua dell’art. 31 bis della legge 11 febbraio 1994 n. 109 (introdotto dall’art. 9 del d.l. 3 aprile 1995 n. 101, convertito con modificazioni nella legge 2 giugno 1993 n. 206), sostenendo che la “novella” avrebbe soppresso la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo di cui all'art. 5 della legge n. 1034 del 1971, e ciò non solo per le concessioni di costruzione di opera pubblica ma anche per le concessioni di costruzione e gestione.

In secondo luogo si afferma che la pretesa sostanziale accolta in prime cure, ossia l’accertamento del diritto della concessionaria a gestire anche la parte dell’opera ritenuta estranea al progetto, sarebbe infondata in quanto il Comune avrebbe legittimamente esercitato una facoltà riconosciutagli dalla convenzione (art. 14), che riconosce il diritto dell’Amministrazione alla piena disponibilità delle opere realizzate in difformità dal progetto e senza l’autorizzazione del Comune.

La s.p.a. Parcheggio Arena si è costituita in giudizio chiedendo il rigetto del gravame.

Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Alla pubblica  udienza del 10 luglio 2001 la causa veniva trattenuta per la decisione.

DIRITTO

Va confermata, in primo luogo, l’infondatezza delle eccezioni di inammissibilità prospettate dall’appellante.

L’eccezione di tardività non risulta sorretta se non dall’indizio desumibile dal riferimento ad un diverso atto impugnatorio, non meglio qualificato e precisabile, mentre, come correttamente ritenuto dal primo giudice, manca la prova che la copia interna della nota comunale del 31 gennaio 1994 sia pervenuta al destinatario.

Circa l’eccezione di difetto di interesse a proporre determinate censure, dedotta rilevando che nessun beneficio la concessionaria avrebbe ricevuto dall’accertamento di vizi genetici della concessione, va osservato che il TAR ha correttamente individuato l’oggetto della complessiva doglianza nell’accertamento dei diritti e degli obblighi nascenti dalla concessione assentita all’appellata, per la costruzione e gestione di un parcheggio pubblico sotterraneo.

Ed infatti, alla stregua del ricorso di prime cure, tanto la domanda di accertamento del diritto ad un corrispettivo per la mancata gestione della controversa parte emergente della costruzione, quanto la domanda  di annullamento, in parte qua, del provvedimento commissariale 14 dicembre 1993 n. 111, con il quale l’Amministrazione ha acquisito alla propria disponibilità ed utilizzazione diretta le stesse opere, tendono alla tutela del medesimo bene della vita, rappresentato dal valore economico della gestione di quella determinata porzione del  manufatto.

Tanto premesso, mentre si rivela infondata la censura di ultra petizione, nella quale sarebbe incorso il primo giudice, le accennate eccezioni di difetto di interesse a determinate censure risultano infondate.

Va dunque esaminato il motivo di gravame inerente il preteso difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, dedotto in base all’art. 31 bis della legge 11 febbraio 1994 n. 109 (introdotto dall’art. 9 del d.l. 3 aprile 1995 n. 101, convertito con modificazioni nella legge 2 giugno 1993 n. 206), sostenendo che la “novella” avrebbe soppresso la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo di cui all'art. 5 della legge n. 1034 del 1971, e ciò non solo per le concessioni di costruzione di opera pubblica ma anche per le concessioni di costruzione e gestione.

Sotto diversa angolazione, l’appellante afferma che, anche ad ammettere, nonostante l’art. 31 bis, la sopravvivenza della giurisdizione amministrativa in  subjecta materia, la vertenza rientrerebbe nella competenza dell’A.G.O. proprio ai sensi dell’art. 5 delle legge n. 1034, posto che, nella specie, la lite concernerebbe la misura del corrispettivo della concessione di costruzione, tale appunto essendo qualificata la gestione del manufatto.

Entrambi i profili della doglianza sono infondati.

Quanto al primo punto, come già accennato, ha formato oggetto di accertamento da parte del primo giudice, ed ora si contesta dalla parte appellante, il diritto della società concessionaria della costruzione e della gestione di un parcheggio sotterraneo, a gestire anche quella parte del manufatto che è stata realizzata in difformità dal progetto originario ma secondo le modifiche richieste dalla competente Amministrazione Provinciale ai fini del nulla osta paesaggistico.

E’ agevole constatare, dunque, che l’attuale vertenza non concerne la realizzazione dell’opera pubblica, parcheggio comunale, bensì la concessione della gestione della medesima, dovendosi stabilire se, sulla base della convenzione stipulata tra il Comune e la concessionaria, alcune delle opere realizzate, ed in particolare i manufatti emergenti dal piano stradale, ferma restando la proprietà comunale, debbano rientrare tra quelle che la concessionaria ha il diritto di gestire per un trentennio.

La circostanza che, ai fini della decisione del merito, vengano in rilievo alcune peculiarità delle opere in questione, e precisamente la loro non corrispondenza al progetto originario, e le vicende che hanno condotto ad eseguire modifiche rispetto al medesimo progetto, non muta la natura della controversia, che concerne una pretesa inerente l’ampiezza dei diritti del concessionario di un servizio pubblico, ossia la gestione di un parcheggio comunale.

Da ciò consegue che risulta inidonea a sostenere la dedotta censura di difetto di  giurisdizione la giurisprudenza, invocata dall’appellante, con la quale la Corte di Cassazione ha affermato e definito la portata innovativa dell’art. 31 bis, comma 5, sopra citato, posto che la vicenda in esame è sicuramente estranea alla materia delle “concessioni in materia di lavori pubblici” che l’art. 31 bis, comma 4, ha equiparato agli appalti.

Come bene ha posto in evidenza la Società appellata, la sentenza delle SS.UU. n. 73 del 2000, su cui fa prevalentemente leva l’appellante, oltre a precisare che l’art. 31 bis ha inciso sul disposto di cui all’art. 5 della legge n. 1034 limitatamente alle controversie in tema di concessioni di sola costruzione, ha anche chiarito che tale giurisdizione può estendersi anche alle attività accessorie alla costruzione, quali la progettazione, l’acquisizione di aree, le stipule di appalti, ed altro, che risultino connesse e funzionali con l’esecuzione dell’opera (v., infatti, nello stesso senso, SS.UU. 18 maggio 2000 n. 366).

Ritiene il Collegio che a tali attività accessorie non possa essere ricondotta la gestione dell’opera realizzata, tanto più che nella specie, tale attività  ha formato oggetto di una concessione, la quale, pur collegata alla diversa concessione relativa alla costruzione, possedeva, rispetto a quest’ultima,  una propria autonomia causale e funzionale.

Si osservi a tale riguardo l’art. 10 della convenzione 8 giugno 1988 tra il Comune e la Società appellata, che reca il conferimento della “concessione a gestire l’autopargheggio sotterraneo per la durata di anni trenta…”; o l’art. 12, che stabilisce gli obblighi di custodia e manutenzione a carico della concessionaria; o lo stesso art. 14, sul quale si tornerà più avanti, che stabilisce l’acquisizione alla proprietà del Comune, non solo di ogni “addizione, trasformazione, sostituzione o miglioria”, ma anche dell’avviamento, della ditta, dell’insegna, delle procedure gestionali e ogni altro bene immateriale, con norma che palesemente riguarda interventi successivi al completamento dell’opera ed alla consegna della medesima alla concessionaria della gestione.

Il rilievo che la concessione inerente la gestione abbia rappresentato il corrispettivo della concessione di costruzione, dal quale l’appellante vorrebbe far derivare l’attrazione della domanda di riconoscimento del diritto a gestire una porzione del bene nell’ambito del rapporto posto in essere con la concessione di costruzione, onde radicare la giurisdizione del giudice ordinario, non può essere condiviso.

La materia del contendere trae origine non da una disfunzione causale della concessione di costruzione, bensì da un preteso inadempimento del Comune che ha ritenuto di non dover conferire alla concessionaria della gestione  parte del manufatto, sebbene fosse contemplata nella normativa convenzionale afferente alla concessione di gestione.

Il ricordato art. 10 della convezione infatti stabilisce che la gestione rappresenta il corrispettivo dei “lavori tutti, annessi, inerenti, conseguenti ed accessori, e compresi altresì gli eventuali maggiori lavori disposti dalle pubbliche autorità, come previsto dall’art. 4 del presente atto”.

Ritiene conclusivamente il Collegio che nella specie debba farsi applicazione di quella giurisprudenza delle SS.UU. secondo cui la giurisdizione del giudice amministrativo deve essere dichiarata quando la controversia promossa concerna il rifiuto dell’Amministrazione di riconoscere il diritto di credito preteso dal concessionario, in quanto attinente al contenuto della concessione, ossia ai diritti ed agli obblighi delle parti del rapporto (18 maggio 2000, n. 364).

Alla stessa conclusione deve pervenirsi a proposito della diversa prospettazione, sopra accennata, della medesima censura, con la quale l’appellante vorrebbe far leva sulla natura di corrispettivo della costruzione che, nel complessivo rapporto, ha assunto la gestione del parcheggio, per dedurne che la giurisdizione spetterebbe all’A.G.O. ai sensi dell’art. 5, comma 2, della legge n. 1034 del 1971, in quanto “indennità, canoni ed altri corrispettivi” nei rapporti di concessione esulerebbero dalla giurisdizione esclusiva del g.a..

La tesi va disattesa perché non tiene conto dell’oggetto della domanda dedotta, la quale, come si è visto, concerne l’accertamento di un credito nell’ambito del rapporto di concessione per la gestione del parcheggio, ossia di una concessione di servizio pubblico.

Si sono indicate le ragioni per le quali le vertenze in questione non hanno subito mutamenti quanto alla giurisdizione per effetto della novella di cui all’art. 31 bis, comma 4, della legge n. 109, che ha riguardato le concessioni di costruzione.

L’accoglimento della tesi dedotta, attraverso la valorizzazione del collegamento, presente nella fattispecie, tra la concessione di costruzione e la concessione di gestione di servizio pubblico, produrrebbe una attrazione nella giurisdizione sul primo rapporto di una vertenza propria del secondo, realizzando surrettiziamente una modifica del riparto delle materie tra le giurisdizioni ordinaria ed amministrativa, che il legislatore non ha inteso realizzare.

Il quesito di merito concerne la fondatezza della pretesa della società concessionaria di acquisire in gestione anche quella porzione del manufatto che è stata realizzata in difformità rispetto al progetto originario, ma al fine di corrispondere alla modifiche richieste dalla Provincia di Verona, che alle realizzazione delle stesse condizionava il rilascio del nulla osta paesaggistico.

Il TAR ha accolto il ricorso in base a considerazioni ineccepibili che meritano di essere integralmente confermate.

Può solo sottolinearsi la radicale inconsistenza della tesi con la quale l’appellante vorrebbe sostenere che le opere emergenti dal piazzale sovrastante il parcheggio sotterraneo dovevano considerarsi estranee alla concessione, sebbene a) l’art. 4 della convenzione contemplasse l’obbligo di eseguire (e, ai sensi dell’art. 10 successivo, di gestire) i manufatti  richiesti da “… disposizione delle altre autorità competenti, ivi compreso il Comando dei Vigili del Fuoco di Verona”, e dovrà ammettersi che la Provincia poteva farsi rientrare tra tali autorità; b) che fu proprio il Comune a richiedere ed ottenere il nulla osta paesaggistico dalla Provincia di Verona a seguito della presentazione dei progetti della parte emergente come poi sono stati realizzati (v. documenti 5 e segg. depositati dal Comune nel giudizio di I grado); c) il provvedimento commissariale del 4 dicembre 1993 abbia espressamente approvato (punto 2, n. 2 del dispositivo) la “planimetria dei volumi emergenti”, in tal modo neutralizzando  la facoltà, di cui all’art. 14 della convenzione, data ma non concessa l’applicabilità della norma all’attuale fattispecie, e di cui all’art. 342 della legge n. 2248 del 1865, se è vero che – come recita la massima della Cassazione trascritta dall’appellante nella memoria del 27 giugno 2001 – “ un riconoscimento successivo, esplicito o implicito …sull’indispensabilità e utilità dei lavori” è idoneo a fondare per l’appaltatore il diritto al compenso (Sez. I. 25 novembre 1996, n. 10428).

In conclusione l’appello deve essere rigettato.

Compensate le spese.

 P.  Q.  M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, rigetta   l’appello in epigrafe;

dispone la compensazione delle spese;

ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Roma, nella  camera di consiglio del 10 luglio   2001 con l'intervento dei magistrati:

Alfonso Quaranta                             Presidente

Giuseppe Farina                               Consigliere

Goffredo Zaccardi                            Consigliere

Filoreto D’Agostino                         Consigliere

Marzio Branca                                  Consigliere est.

 

L'ESTENSORE                                      IL PRESIDENTE

f.to Marzio Branca                                     f.to Alfonso Quaranta

 

 

IL SEGRETARIO

f.to Franca Provenziani